( raccontata dall’ideatore “Roberto Dal Cortivo”)
La sfida
Tutto iniziò nel 1987 durante il periodo di Carnevale. Mi trovavo alla cena annuale della pro loco presso il ristorante ”Marchioro” di S.Tomio, quando, verso la fine della serata, venne a sedersi al mio tavolo Mario Gentilin. Con me c’erano anche Ferruccio Gomitolo e altri della contrà Ponte, detta anche contrà ”Rio Grande”.
Mario, facente parte della contrà Visan, cominciò a provocarci scherzosamente sul fatto che la nostra contrada non era mai riuscita a vincere la “porchetta”, premio che le varie contrade del paese si contendevano in occasione del Palio del 1° maggio.
“Go paura che pasarà qualche ano, prima che saiè la porcheta, voialtri”, disse Mario con l’aria di prendere in giro. A quel punto mi alzai in piedi e risposi: “Sta bon Mario che noialtri, st’ano che vien, vinsitori o perdenti, se cusinemo al speo on vedelo belo groso!”.
Tutta la tavolata si mise a ridere a crepapelle e qualcuno disse: “Sarìa proprio belo…stavolta ghe la sgnachemo in tel muso a quei de Visan!”. E tutti giù a ridere.
Salta fuori Ferruccio: “Varda che un me amigo da Buia, me ga dito che là, ghe xe un cogo de nome Angelo che cusina i tori alo speo”. In quel momento mi illuminai e presi di nuovo la parola dicendo: “ Non stemo pì a schersare. Ti, Ferucio, telèfonaghe subito al to amigo e dighe che nemo a trovarlo”.
Il viaggio in Friuli
Fu così che iniziò l’avventura del toro allo spiedo. In Primavera eravamo già sulla mia macchina in viaggio verso il Friuli per incontrare Angelo che avrebbe cucinato il famoso toro alla festa del paese. Con me c’erano Ferruccio Gomitolo, Fiorenzo Meneguzzo e Bruno Manea. In quattro formavamo una squadra così composta: un progettista tuttofare, un meccanico generico, un meccanico di precisione e un aiutante esperto in “ciacola”.
All’arrivo Angelo ci accolse con cordialità e più tardi ci mostrò il meccanismo dello spiedo in tutti i suoi dettagli e il procedimento di preparazione della manza prima e durante la cottura. Nel frattempo io documentavo tutto con la mia macchina fotografica con un misto di entusiasmo e di emozione, ma anche con la consapevolezza che imbarcarci in quell’avventura non sarebbe stato facile. Durante il viaggio di ritorno, mentre se ne parlava, si cercava in ogni modo di incoraggiarci l’un l’altro a non mollare l’idea.
La costruzione dello spiedo
I lavori di costruzione dello spiedo cominciarono pochi giorni dopo nel cortile di casa mia. Con un po’ di ferro vecchio recuperato da Adelino Grendene nella fornace che porta il suo nome. Era tutto un tagliare, bucare, saldare e segare. Tutto questo per una trentina di giorni di seguito, nel tempo libero che avevamo prima e dopo il lavoro. Nel frattempo mia moglie Cecilia preparava caffè e serviva bevande per tutti. Intorno a noi non mancavano certo gli scettici, ma i pochi convinti ci spronavano a continuare per la nostra strada ed erano disponibili a collaborare per la buona riuscita dell’impresa che diventava sempre più impegnativa anche dal punto di vista economico a mano a mano che si andava avanti col lavoro.
Lo spiedo che ci apprestavamo a costruire doveva essere di grandi dimensioni e lo avremmo inaugurato durante la “Festa d’estate” di quell’anno. Per il progetto chiedemmo la collaborazione
del presidente della Pro loco di S.Tomio, Mario Gentilin che ci offrì una somma di 500.000 lire, ma solo se l’impresa sarebbe andata a buon fine, altrimenti, dovevamo rimetterci noi di tasca nostra.
Il rischio di fallire era grande, ma noi andavamo avanti sempre più convinti. Ormai non si poteva più rinunciare, ne valeva del nostro orgoglio! Dissi a Mario che se da questo progetto, tolte le spese, avessimo guadagnato qualche soldo in più, l’avremmo donato al Villaggio S.O.S. di Vicenza.
Il giorno della vigilia della festa, nel cortile di casa mia avevamo uno spiedo gigantesco, una manza di cinque quintali e Angelo il cuoco. Cominciammo l’assemblaggio. Montammo il tutto da me per poi trasportare spiedo e toro presso la zona sportiva dove doveva cuocere tutta la notte prima di essere servito come piatto principale della festa.
La festa
L’impresa riuscì e alla Festa d’Estate si potè gustare il toro allo spiedo, frutto delle nostre fatiche e sacrifici. Una grande soddisfazione per noi quattro che ci ripagava dell’immenso lavoro.
Dentro e fuori lo “stand” c’era tantissima gente. Tanti erano venuti spinti dalla curiosità e tantissimi per collaborare alla buona riuscita della festa. L’entusiasmo era tanto e anche il tempo era bello.
Alla sera festeggiammo alla grande con abbondanti libagioni, felici che tutto fosse andato come meglio non poteva.
Dopo qualche mese assieme a Gianni Barbieri mi recai con grande soddisfazione a Vicenza, presso il Villaggio S.O.S., per consegnare la somma di 500.000 lire a nome della pro loco di S.Tomio.
I retroscena
Tre settimane prima della festa, quando sembrava tutto fosse pronto o quasi (la carne era stata ordinata, i permessi per la festa erano in arrivo e tutto il resto era sistemato), fui costretto ad assentarmi per motivi di lavoro il tempo di una settimana, e al mio ritorno, l’incaricato dei permessi, Lino Dalle Rive, mi disse che non si poteva fare più nulla perché il Sindaco non aveva firmato l’autorizzazione. Non mi diedi per vinto e mi recai in comune per convincerlo a firmare il permesso. Dopo molte insistenze finalmente si decise a concedere il “nulla osta”. Ora avevamo la firma del sindaco, ma i problemi non erano finiti, infatti il cuoco friulano che aveva promesso di venire a darci una mano si tirò indietro all’ultimo minuto e dovetti supplicarlo per mezz’ora al telefono per convincerlo a venire.
Questa è tutta la storia come io l’ho vissuta. Un’impresa nata da una sfida tra contradaioli che è diventata una realtà che si rinnova da allora tutti gli anni in occasione di SANTOMIO IN FESTA.
Roberto Dal Cortivo